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Tre giri del mondo in (circa) 3 anni

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Con cambi delle rotte, mete, mezzi di trasporto e compagni di viaggio più volte (se e quando occorre).

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Andrea Buti - Metavvocato
apr 18, 2025
∙ A pagamento

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Tre giri del mondo in (circa) 3 anni
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Un viaggio dinamico ed elastico

Immagina di voler andare in l’America, ma di non poter seguire la rotta più breve, perchè non è possibile farlo: non hai una nave per attraversare l’oceano e nemmeno un aereo.

Ora aggiungi le ripetizioni, ossia il dover rifare il viaggio un’altra volta, perchè in mezzo ci sono per forza errori (ossia tempeste, strade crollate, incidenti).

Potresti di volta in volta usare l’auto, il treno, il cavallo, la bici, o fare l’autostop: tutte opzioni che un homo erectus o ergaster avrebbero preso al volo un paio di milioni d’anni fa, perchè decisamente più comode e veloci dei propri piedi.

Oggi però siamo (stati) fottuti dalla comodità. Dunque, tutto dipende da quanta voglia, desiderio o bisogno abbiamo di partire.

A questo punto la maggior parte dei lettori deciderebbe di restare a casa: i viaggi paiono troppo lunghi, lenti, complicati da organizzare, scomodi, perfino incerti, sensibili agli imprevisti, pieni di variabili.

Il costo, tutto sommato, non è una preoccupazione: è tutto il resto che fa la differenza; se pure avessero lo stesso prezzo, nessuno - oggigiorno - si imbarcherebbe in un viaggio che implicasse molto più che recarsi in aeroporto, fare il check-in, passare i controlli di sicurezza, sopportare un po’ di fila per l’imbarco, poggiare le terga su una poltroncina, ritirare i bagagli, passare dall’aeroporto ad una comoda stanza d’albergo.

Ma non siamo sempre stati così. Anzi lo siamo diventati: siamo propio dei nanetti; anzi minuscoli afidi che sia aggrappano alle pulci che bivaccano sulle spalle di giganti. Giganti della sopravvivenza.

Non siamo degni dei nostri antichi predecessori.

Non penso soltanto ai nostri nonni, bisnonni o trisavoli, di cui abbiamo brandelli di DNA in giro per tutto il corpo, ma anche a chi ci ha in qualche modo “pre-generato” centinaia di migliaia di anni fa. Beninteso, non che ne avesse il minimo desiderio: ma così è stato.

La mia infatti è solo una comparazione in certo senso “storica” e non una valutazione morale o, peggio ancora, nostalgica o retrotopica.

Ora ti starai chiedendo: “ma allora che concetto è quello di questa presunta “indegnità”..?”

Direi che si tratta una dignità tutta umana, anzi di uno dei tratti che ci ha reso umani, nella misura in cui eravamo ancora NEL mondo: in quanto tali, degni di stare al mondo, utili e inutili come tutte le creature singolarmente prese, e come quest’ultime non pericolosi per l’ecosistema.

Ma oggi? Non siamo forse diventati pericolosi per l’ecosistema e pure per noi stessi'?

Vogliamo sempre di più di qualcosa, e pure in fretta, ma senza soffrire, avendo tutto a portata di mano, easy, fast & smart.

Insomma:

Parodia metaforica facile per uno nato a pane e Pink Floyd (“Comfortably numb”, “piacevolmente insensibile”) come me.

Ecco quello che siamo diventati, nella maggior parte dei casi. Poi, certo, ci sono ancora gli esploratori, qualche pazzo visionario, gli atleti o gli ultramaratoneti; un manipolo di specialisti della sofferenza e della fatica, che trovano il senso nell’incertezza, nella sfida. Con se stessi e con l’ambiente.

Una volta tuttavia, ogni essere umano, se voleva sopravvivere, doveva essere determinato, affamato, disposto ad affrontare rischi e dolori, a correre:

come diavolo siamo diventati quello che siamo?

A piccoli passi, ovviamente, come accade per tutti i grandi cambiamenti. L'Everest non è mica saltato fuori all’improvviso, e nememno il Gran Sasso o la collina dietro casa.

Non che l’umanità attuale abbia la solidità e la storia di una montagna: in comune c’è solo il passaggio del tempo, il sedimentarsi di piccoli strati, che alla fine fanno una grande differenza.

Il discorso si farebbe lungo e ci porterebbe un po’ fuori strada: per ora può essere sufficiente pensare a tutto quello che è iniziato a fine dell’ottocento e si è concluso più o meno negli anni settanta del XX secolo, tra sviluppo scientifico, tecnologico, artistico e filosofico, con la nascita della società postmoderna e poi, sulle sue ceneri, di quella tardomoderna: di internet, dei social, delle faccine, del marketing che rincitrullisce e delle narrazioni dolciastre ed appiccicose, del politicamente corretto dappertutto, della TV che non c’è più, dei fuffa-guru e degli influencers, della scomparsa di “Dio, Patria e famiglia”.

Qui stiamo e qui dobbiamo lavorare

Se vuoi recuperare un po’ della tua più autentica umanità, devi allora provare a soffrire, almeno cognitivamente, immaginando cioè percorsi un po’ più faticosi, articolati e incerti: l’alternativa è diluirsi o evaporare adeguandosi alle mode che puntano sulle non-strategie, per appiopparti questa o quella soluzione miracolosa. O confidare in un miracolo dell’a.i. Buonanotte.

Leggendo quello che segue puoi provare a stressare un po’ i tuoi neuroni.

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